Sulle divinità venerate dai Veneti, le fonti letterarie offrono scarsi dati .Il geografo greco Strabone fornisce la notizia di un bosco sacro nei pressi del Timavo nella terra dei Veneti, lì intorno dice :
“le belve erano domestiche, cervi e lupi convivevano in pace, e si lasciavano accarezzare dagli uomini “
Strabone in questo passo identifica con la dea greca Artemide-Potnia Theròn (la signora degli animali e delle foreste ) una divinità locale femminile che dalle caratteristiche che presenta, potrebbe essere la stessa raffigurata nei dischi di bronzo di Montebelluna.
Questa dea collegata al culto delle acque possedeva anche il potere della guarigione attraverso le fonti sacre ed è indicata con il nome di REITIA.
Un’altra divinità conosciuta molto importante è quella che presiedeva e vigilava sui confini, non solo materiali come limiti di proprietà o territoriali, ma regolava il confine tra l’umano ed il divino: un limite invalicabile che doveva essere protetto e regolato da precise leggi umane e cosmiche pena la disgregazione ed il disassamento dello spazio-tempo umano.
Questa divinità chiamata TERMON, era di origini antichissime tanto che nella Roma dei Tarquini quando si dovette ricostruire l’area sacra, perfino il tempio di Giove dovette essere spostato ma non quello di TERMINUS: da qui la sua enorme importanza per gli antichi.
Un luogo di culto a questa divinità è stato scoperto a Vicenza nei pressi del Santuario di Monte Berico dove fu rivenuta nel 1855 una lastra di calcare dedicata al “Dio Terminus”.
La traduzione della scritta che si legge da destra verso sinistra può essere così interpretata:“l’Augusto Katusiaio fece dono allo spazio del Dio Terminus”
“I Veneti antichi sono portatori di proprie tradizioni linguistiche ben determinate, delle quali ci è rimasta una abbastanza ampia documentazione in numerose epigrafi e in diversi oggetti rinvenuti in parecchie località. Alla lingua veneta antica, o venetica, sono stati dedicati numerosi studi, soprattutto stranieri, che ci consentono di avere un quadro abbastanza preciso delle sue caratteristiche.
Il primo di questi studiosi è stato l’austriaco C. Pauli il quale, nel 1885, pubblicò la prima analisi sistematica della lingua venetica. Nelle sue ricerche egli sostenne tra l’altro che la scrittura derivava direttamente dai modelli greci; questa teoria in studi più recenti sembra tuttavia essere stata superata da altra, che vuole la scrittura venetica più legata al mondo etrusco.Oltre che per la propria matrice indoeuropea il venetico si distingue tuttavia dall’estrusco per la punteggiatura del tutto particolare, usata nel suo sistema di scrittura. Esso mostra anche altre caratteristiche come, ad esempio, l’uso della “O” assente nell’etrusco; inoltre il valore fonetico del sistema di scrittura veneto presenta delle proprie peculiarità. Un altro particolare, degno di osservazione, è rappresentato dal fatto che il venetico mostra numerose affinità (in taluni casi quasi a costituirne la base) con il latino arcaico.”
(tratto dal “I VENETI NELL’ANTICHITA’ di Licio Formigaro)